Erano passati cinque anni dall’ultima volta che avevo visto Michele. Ogni tanto passeggiavo fino a casa sua, sapevo che era fuggito dall’Italia, ma sentivo il bisogno di andare lì. Mi sembrava che fosse un modo per scusarmi anche con me stessa, visto che ero stata io a tradirlo, tradendo il nostro patto. Negli anni erano successe tante cose. Dopo la caduta del muro di Berlino, le frontiere con l’Est Europa si erano aperte e un mare di persone aveva deciso di venire in Italia. Avevano fame e credevano di trovare l’America qui, da noi.
Ma tra tutta quella gente piena di sogni, speranze e voglia di lavorare, c’erano anche quelli che continuavano a venire e andare per vendere droga. Era un traffico che rubava soldi a qualsiasi lavoro onesto. Infatti, non siamo mai riusciti a ricomprare la barca, e Pavan ha continuato a lavorare sotto la guida di Mariano in quella parte dell’Adriatico tra la Puglia e l’Est. Era così facile navigare lì che i malviventi facevano quello che volevano. Per questo motivo, le forze dell’ordine facevano molta fatica a fermare il traffico di droga e di esseri umani.
Io davo una mano in un centro sociale per piccoli profughi rimasti senza genitori, ma era davvero una goccia nel mare. E il mare da queste parti è sempre stato immenso e infinito, come le difficoltà che dovevamo affrontare.